Uranio impoverito o “attivo”: c’è rischio in Sicilia?

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di Salvo Barbagallo

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La Commissione parlamentare d’inchiesta sugli effetti dell’utilizzo dell’uranio impoverito ha presentato la sua relazione finale alla Camera dei deputati ed approvata con dieci voti favorevoli e due contrari. La sintesi della relazione in poche parole sostiene che è  ora di ammettere che l’uranio impoverito può essere la causa di tumori: “La presenza di amianto ha purtroppo caratterizzato navi, aerei, elicotteri. Tanto è vero che la Commissione d’inchiesta è giunta ad accertare che solo nell’ambito della Marina Militare 1.101 persone sono decedute o si sono ammalate per patologie asbesto-correlate”. I risultati della commissione presieduta dal deputato dem Gian Piero Scanu punta l’indice contro le annose inefficienze delle Forze Armate in tema di sicurezza sui posto di lavoro e controlli e vigilanza sulla salute dei soldati, sia in Italia che nelle missioni all’estero.

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Nella relazione della Commissione parlamentare si riscontra che “Sono emerse rilevanti criticità che investono in primo luogo i temi della salute dei lavoratori e dei cittadini che vivono nelle aree adiacenti agli insediamenti militari, nonché della salubrità degli ambienti. La Commissione non ritiene accettabile che l’adozione di misure di prevenzione e sicurezza nei poligoni e nelle strutture industriali della difesa possa essere condizionata dalla indisponibilità di mezzi finanziari adeguati. Sono particolarmente significativi i dati emergenti dalle indagini sui poligoni di tiro relativi alla salute dei cittadini che vivono nelle aree adiacenti i poligoni, soprattutto in Sardegna. Un aspetto rilevante riguarda l’utilizzo dei missili anticarro Milan, il cui sistema di puntamento include una componente radioattiva, consistente in una lunetta di torio che, dopo il lancio, ricade sul terreno. Per quanto riguarda il personale, sono stati numerosi i militari ammalati. È emerso come le attività di brillamento venissero condotte tenendo in scarsa considerazione le condizioni di sicurezza degli operatori e delle popolazioni residenti. Numerose criticità presenta anche il poligono di Capo Teulada, a causa di una situazione ambientale che risulta fortemente compromessa. Il dottor Emanuele Secci, sostituto procuratore della Repubblica di Cagliari: “Dai dati che abbiamo rilevato, sembrerebbe che siano presenti nella penisola interdetta 566 tonnellate di armamenti e che in due anni ne siano stati eliminati otto”.

Nell’estate dello scorso anno la Commissione parlamentare d’Inchiesta sull’Uranio è venuta anche in Sicilia: aveva il compito di accertare le condizioni in cui vivono i militari italiani e se corressero rischi per la presenza di uranio “impoverito”  nel corso di esercitazioni, oppure nelle munizioni nei depositi. Il 18 luglio la Commissione depositava la relazione che veniva approvata con la sola astensione del deputato Mauro Pili, ex presidente della Sardegna. Soldati senza “difese” per la salute e territori devastati: queste le accuse contenute nella relazione della Commissione Uranio che si è si è avvalsa nell’indagine di consulenti esterni con particolari competenze ispettive e investigative, magistrati come l’ex pm torinese Raffaele Guariniello (esperto di prevenzione sui luoghi di lavoro), ufficiali di polizia giudiziaria come l’ufficiale Nas Loreto Buccola (specializzato in reati sanitari), e medici legali come Rita Celli (consulente tecnico delle Procure). Il risultato è stato raccolto in un “libro bianco” dove vengono documentate le carenze nel sistema della prevenzione della sicurezza sul lavoro del comparto Difesa, sia in Italia ad esempio per l’esposizione all’amianto e al radon. Sia nelle missioni estere, per l’esposizione alle nanoparticelle provocate dalle munizioni all’uranio impoverito, e documentati pure i gravi danni recati all’ambiente e alle popolazioni vicine ai poligoni militari.

Un lavoro importante, questo della Commissione Uranio, ma “ristretto” al campo della… “pericolosità” accertabile. Ma, c’è da chiedersi: è la sola pericolosità?

E la “pericolosità” delle armi nucleari “straniere”, cioè quella Statunitensi, custodite sul territorio “italiano” nei depositi, oppure operativi (droni o velivoli attrezzati per trasportarle) negli aeroporti “italiani”, questa “pericolosità” chi la dovrà accertare? Chi dovrà (o potrà) ragguagliare sulle armi collocate all’interno dei vari depositi che si trovano in Sicilia ? Oppure la pericolosità, come detto, dei residui dopo le esercitazioni nei poligoni di tiro operativi nell’Isola?

Se anche è esemplare il lavoro svolto dalla Commissione parlamentare presieduta da Gian Piero Scanu, a nostro avviso “razionalmente” sotto quest’ultimi aspetti risulta piuttosto carente e lascia un enorme buco nero nell’accertamento delle criticità attuali, oltreché passate.

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